martedì 18 agosto 2009

LA SODDISFAZIONE LAVORATIVA: sopravvivere per lavorare o lavorare per sopravvivere?

Quante volte si sente parlare di persone che non amano il proprio lavoro a causa del clima che si respira o delle relazioni sociali negative con i propri colleghi e superiori. Sembrerebbe ovvio affermare che più una persona si sente soddisfatta sul luogo di lavoro, produce di più e meglio. Quando i bisogni dei collaboratori di un'organizzazione vengono accolti, e quando possibile soddisdatti, il lavoro diventa sicuramente una fonte di benessere anche nella vita extralavorativa. La psicologia del lavoro si è soffermata già da alcuni anni su questo tema scottante e molto importante per le persone. Lo psicologo e sociologo australiano Elton Mayo che si è a lungo interessato della motivazione e soddisfazione lavorativa, riassume con poche frasi una realtà ancora oggi molto frequente:
“Se il dipendente puo’ aspettarsi dalla partecipazione alla vita dell’azienda la soddisfazione di alcuni suoi bisogni emotivi, può sentirsi anche moralmente partecipe e impegnato nello sforzo aziendale. Da parte sua l’azienda può aspettarsi un grado maggiore di lealtà, di impegno e di identificazione con gli scopi organizzativi-” Al contario, se la Direzione crea una situazione in cui i dipendenti si sentono frustrati ne consegue che essi si costituiranno in gruppi in cui “le norme di condotta saranno in opposizione con gli scopi aziendali.” foto credits to: Fifo

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