mercoledì 15 dicembre 2010

LIFE SKILLS, MA COME SI POSSONO POTENZIARE?




Abbiamo visto cosa sono le like skills, quali sono, l'importanza che rivestono, e anche il fatto che è possibile potenziarle. Ma come?
La letteratura scientifica ha condotto alcune ricerche dimostrando come esistano alcune caratteristiche che contraddistinguono i programmi di potenziamento più efficaci. Il riferimento è ad attività rivolte in particolare agli adolescenti e al potenziamento delle skills per prevenire comportamenti a rischio.







  • presenza di un chiaro e solido riferimento teorico e dei dati epidemiologici dii base
  • presenza di attività di potenziamento sia delle abilità più generali, che delle competenze più specifiche
  • convergenza e sinergia del coinvolgimento e dell'attività di tutti gli attori coinvolti, anche a diversi livelli
  • utilizzo di metodi interattivi
  • presentazione di informazioni corrette sui comportamenti e le loro conseguenze, tenendo conto delle caratteristiche della popolazione a cui ci si riferisce
  • evitamento del coinvolgimento nel rischio o ritardo dell'incursione
Esempi di programmi di questo tipo, rivoli a bambini e giovani, che si propongono l'obiettivo di prevenire comportamenti a rischio e di promuovere le abilità necessarie a decidere in modo consapevole e salutare per raggiungere una situazione di benessere e salute sono:

 Botvin Life Skills Training - http://www.lifeskillstraining.com/

 Centro per il potenziamento delle like skills per tossicodipendenti e persone con disabilità mentale -
 ww.lifeskills.com

 Programmi di promozione della salute ed il benessere nei giovani - http://www.tacade.com/

                                                                                                            di Elisabetta Bassani

mercoledì 9 giugno 2010

LE LIFE SKILLS: ABILITA' PER LA VITA

Un concetto fondamentale nella psicologia del benessere sono le Life Skills. Letteralmente sono abilità vitali, cioè competenze che giocano un ruolo fondamentale per affrontare la vita in modo positivo e raggiungere il benessere; in realtà non sono nè abilità nè competenze, il termine skills è difficilmente traducibile in italiano: sono qualcosa di più ampio rispetto a delle competenze, che fanno riferimento ad uno specifico contesto o situazione, ma sono meno generali di abilità.
Vengono comunque definite "abilità di carattere cognitivo, sociale, emotivo e relazionele, che consentono di affrontare al meglio le esigenze e i cambiamenti che la vita quotidiana presenta".
Generalmente se ne parla in riferimento ai giovani e gli adolescenti proprio per la peculiarità di tale fase di vita: ricac di campiamenti, trasformazioni ma anche opportunità e sfide, in cui il soggetto crea e consolida la propria identità e personalità. Le life skills sono quindi utili sia per affrontare le problematiche tipiche di tale età, sia per consolidarsi ed andare a creare una persona più psicologicamente forte e capace.
Sono infatti strumenti indispensabili per affrontare e risolvere al meglio i compiti di sviluppo.
Naturalmente anche per tutte le altre età e fasi della vita le life skills sono un elemento fondamentale in funzione della salute e del benessere, ed è sempre possibile potenziarle.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ne ha individuate 10:
  • decision making (capacità di prendere decisioni che non comportano conseguenze negative)
  • problem solving (risolvere problemi)
  • creatività
  • pensiero critico
  • comunicazione efficace
  • capacità di relazioni
  • autocoscienza e autoefficacia
  • empatia
  • gestione delle emozioni
  • gestione dello stress
                                                                                                             di Elisabetta Bassani

domenica 2 maggio 2010

LA CULTURA PUO' INFLUENZARE L'OTTIMISMO?

Le differenze tra culture occidentali ed orientali sono numerose: tra esse la psicologia culturale delle emozioni si occupa del Sè indipendente ed interdipendente: è il Sè, l'identità personale, che è influenzato ed orientato dal quadro culturale di apparteneza.
Le culture occidentali, come quella nord-europea e statunitense, sono fortemente individualistiche: orientate all'indipendenza, a far emergere il singolo individuo, centrate sull'affermzione di sè e la riuscita personale.
Al contrario, le culture orienali, come quelle asiatiche, sono collettivistiche: il singolo è importante in quanto parte di un gruppo, una comunità, i valori collettivi vengono prima dell'emergere del singolo e la solidarietà è un valore fondamentale.
Alcune ricerche (Ahuvia, 2002 e Kitayama, Markus e Kurokawa, 2000) hanno dimostrato come l'ottimismo è più elevato nelle culture individualistiche, dove prevale l'indipendent Self (come ad esempio le culture del Nord-America), rispetto a culture interindividualistiche, come quella Giapponese, in cui l'ottimismo raggiunge livelli inferiori.
Le condizioni socio-economiche, inoltre, non sono sufficienti a spiegare queste differenze in quanto anche in Giappone sono molto elevate.
                                                                                                          di Elisabetta Bassani

venerdì 16 aprile 2010

PRIMI PASSI NELLA MUSICOTERAPIA - la vita fugge e non s'arresta un'ora

La musicoterapia è una forma di terapia psicologica, usata per la maggior parte dei casi, con persone affette da qualche disturbo o problematica, come bambini autistici o persone in stato post-comatoso.
E' un ambito molto interessante ed affascinante, ma non sempre facile da comprendere ed apprendere.
La prima cosa da conoscere è lo strumento di base: il RITMO.
Ingenuamente si potrebbe pensare che la musicoterapia fa uso della sola musica, in realtà l'elemento base è ancora più semplice, il ritmo appunto.
Esso non caratterizza solo la musica, ma ogni suono, ogni rumore, compresa la nostra voce. Ancora pima della musica, infatti, il musicoterapeuta utilizza il ritmo ed il tono della sua voce con una persona, il paziente, che generalmente ha difficoltà a comunicare.
Un secondo strumento fondamentale è il corpo: tramite il corpo infatti si possono sentire il ritmo, le vibrazioni, il contatto, e la persona può sentirsi viva e riscoprirsi a sua volta capace di comuncare con gli strumenti che possiede.
Il corpo, la voce e la musica sono gli elementi nelle mani del musicoterapeuta per entrare in contatto con la persona che si trova di fronte e sintonizzarsi con essa, provare empatia, cioè provare le stesse emozioni, nel modo in cui l'altro le sta provando. Questa prima fase si chiama MATCHING.
L'elemento base rimane sempre il ritmo: il terapeuta cercherà di comprendere, seguire ed imitare il ritmo che l'altro propone, volontariamente o meno, oppure utilizzerà il ritmo di una musica per creare un contatto. Una proposta di ritmo volontaria è il caso in cui il paziente utilizzi degli strumenti musicali o degli oggetti per creare musica e suono, involontarimente attraverso ad esempio il respiro.
Seguire il respiro dell'altro, muoversi con lo stesso ritmo con cui si muove l'altro, suonare uno strumento seguendo quello che l'altro fa o ancora, muovere le proprie mani sul corpo dell'altro seguendo il ritmo di una musica sono elementi che permettono di entrare in comunicazione con la persona che ci si trova di fronte e stimolarli a comunicare e rispondere a loro volta.
                                                                                                       
                                                                                                           di Elisabetta Bassani

sabato 3 aprile 2010

E' TUTTA QUESTIONE DI INTERPRETAZIONE

Spesso la nostra vita ci sembra brutta e negativa, sembra che tutto vada male. Certo, può capitare. La psicologia, però, da tempo sa che si tratta solo di come noi interpretiamo ed elaboriamo la realtà.
Alcune ricerche (Grazzani, Gavazzi e Duncan, 2001-2004) mostrano come felicità, gioia ed in generale le emozioni a valenza positiva siano quelle magiormente provate nella vita quotidiana, rispetto alle emozioni negative. La fonte di tale felicità è molto varia: amore, salute, successo, lavoro, denaro,ecc.; ma tutti noi aspiriamo alla felicità ed al benessere, da sempre.
La psicologia positiva si interessa molto alle emozioni positive ed evidenzia come l'esperienza della felicità sia legata a complessi e sottili processi di interpretazione della nostra vita e realtà. E' esperienza comune che esistono persone che si considerano felici nonostante la loro vita sia piena di aspetti oggettivamente negativi e, al contrario, persone che pur avendo tutto ciò che si potrebbe desiderare sono infelici.
Inoltre, le emosioni positive hanno un ruolo fondamentale per il nostro benessere, anche fisico, in quanto permettono di ridurre e compensare le reazioni e l'attivazione corporea indotta dalle emozioni negative.
Se dunque le esperienze positive sono parte costante della nostra vita quotidiana, ci permettono di star bene ed affrontare meglio le esperienze negative future e sono una questione di interpretazione della realtà, cerchiamo di riconoscerle e valorizzarle ogni giorno!
                                                                                                           di Elisabetta Bassani

martedì 30 marzo 2010

LA RICETTA PER LA FELICITA'

Se esistesse una ricetta per essere felici chi non vorrebbe conoscerla? Bene, Michael Fordyce ha trovato 14 ingredienti per reggiungere la felicità. Sono i 14 fondamentali e sono stati identificati dall'autore, mediante alcune ricerche condotte negli anni '80, incrociando caratteristiche di personalità e stile di vita delle persone felici. Questi fattori sono:
  1. essere più attivi e tenersi occupati
  2. passare più tempo socializzando
  3. essere produttivi svolgendo attività che abbiano significato
  4. organizzarsi e pianificare le cose
  5. non preoccuparsi
  6. ridimensionare le proprie aspettative e aspirazioni
  7. sviluppare pensieri otimistici e positivi
  8. essere orientati al presente
  9. lavorare ad una sana personalità
  10. sviluppare una personalità socievole
  11. essere se stessi
  12. eliminare sentimenti negativi e problemi
  13. i rapporti intimi sono la fonte principale di felicità
  14. considerare la flelicità la priorità numero 1
Un ulteriore aspetto positivo è che si può apprendere (ed insegnare) ad essere felici e, conseguentemente, migliorare il proprio livello di benessere soggettivo. Tale lavoro deve però essere personalizzato. Un esempio di training che permette di migliorare la propria filicità è il Subjective Well-Being Training (SWBT). Cosa stiamo aspettando?Mettiamoci subito all'opera!
                                                                                                                          di Elisabetta Bassani

sabato 20 marzo 2010

SPOT SULLA PSICOLOGIA DEL TRAFFICO



Un tema nuovo ma molto interessante e con ottime prospettive è quello che riguarda la PSICOLOGIA DEL TRAFFICO: si tratta di quella branca, neonata, della psicologia del benessere che affronta tutti i temi legati alla strada. Si occupa di prevenzione di incidenti, affiancamento nelle scuole guida, emozioni delle vittime e dei testimoni, ricostruzione di dinamiche, e dello stress che il traffico causa. Su quest'ultimo aspetto alcune di noi hanno creato un breve spot per sensibilizzare e consapevolizzare all'argomento, molto diffuso ma quasi mai considerato nell'ottica di possibili interventi e strategie che ognuno di noi può attuare quando si trova in auto per migliorare il suo benessere psicologico. Certo non esiste una soluzione a priori, come una medicina da assumere e che fa sparire i problemi; ognuno deve infatti riflettere sulla sua esperienza e trovare la soluzione migliore per se!
                                                                                                              di Elisabetta Bassani

LA RELIGIOSITA' FA BENE ALLA SALUTE

Se molti religiosi lo sapevano già da tempo ora lo confermano anche le ricerche! Religione e spiritualità sono componenti fondamentali nella vita della maggior parte delle persone: alcuni sondaggi negli USA mostrano come il 95% afferma di essere credente, il 78% indica la religione come fonte di conforto. Al riguardo, negli ultimi anni sono state condotte numerose ricerche: esse hanno mostrato come ci sia un'ASSOCIAZIONE TRA PRATICA RELIGIOSA E RIDOTTA INCIDENZA DI PATOLOGIE CORONARICHE, NEOPLASIE, CIRROSI, IPERTENSIONE E MORTALITA' IN GENERALE. (Comstock e Partridge, Larson e coll., McCullough e coll.) La religiosità aumenta infatti il nostro benessere! Essa comporta stili di vita salutari, favorisce il rilassamento psicofisico grazie alla preghiera e la meditazione, promuove il supporto sociale, la costruzione di legami familiari e comunitari stabili e facilità lo sviluppo di fattori di benessere psicologico come percezione di senso e significato di vita, ottimismo, speranza e strategie di coping funzionali alla riduzione dello stress.

                                                                                                            di Elisabetta Bassani